Fino al 24 ottobre, il museo MADRE ospita un'ampia retrospettiva sul fotografo che ha impiegato la sua vita a fare dello scatto un'opera d'arte.
Il Museo MADRE di Napoli accoglie Mimmo Jodice. Oltre 100 opere fotografiche dell’artista napoletano, conosciuto e affermato nel mondo, sono esposte insieme per la prima volta. La ricca retrospettiva, che apre il 24 giugno, abbraccia la sua produzione dal 1960 al 2016 e racconta le fasi, l’approccio, l’occhio, il percorso di un artista che ha contribuito a rendere la fotografia una forma d’arte a tutti gli effetti.
La mostra Attesa. 1960-2016, aperta fino al 24 ottobre, gli rende omaggio e svela i passaggi del suo percorso non sempre facile. “Io credo che con il mio lavoro –racconta– insieme ad altri, ha contribuito a dare credibilità alla lingua fotografica come linguaggio dell’arte. Tutto il mio lavoro nasce da riflessione e concettualità, ma quando proponevo fotografie mi dicevano: “sì, interessante, però è una fotografia”. Non era considerata un oggetto d’arte. Abbiamo dato credito a questa arte. Oggi accolgo con profonda emozione il risultato di tutte quelle fatiche. Oggi mi sento ripagato abbondantemente di tutta quella sofferenza”.
Non a caso, come lui stesso racconta, negli anni ’70 ha tenuto i primi corsi sperimentali in fotografia all’Accademia di Napoli (con il sostegno dell’allora direttore e pittore Emilio Notte) che poi, dopo varie richieste e istanze, si è trasformata in una vera e propria cattedra di Fotografia, da lui occupata dal 1975 al 1994.
L’allestimento, curato nei particolari dal direttore del museo Andrea Villani, vive in due momenti. Uno al primo piano, nella sala Re_PUBBLICA MADRE, in cui attraverso un filmato si ripercorrono le immagini di Jodice sul racconto di Napoli degli anni ’60 e ’70, per così dire ‘sociale’: processioni, manifestazioni, vita in fabbrica (Teatralità quotidiana a Napoli, 2016). Il secondo, al terzo piano, è un viaggio nel suo percorso artistico, dagli esordi con le sue Ricerche e sperimentazioni al percorso Mediterraneo, alle città visibili, alla sezione-cuore della mostra che ne dà il titolo, Attesa.
Con passione e chiarezza Mimmo Jodice, durante la presentazione alla stampa, racconta se stesso. I suoi esordi indagano sulla fotografia come mezzo espressivo, come linguaggio artistico, ribadendone il valore artistico. In Vera Fotografia (1979), il soggetto fotografato è una mano che scrive, mentre il testo scritto, appunto le parole Vera Fotografia, sono state aggiunte dopo a penna. Una sorta di passaggio dal sapore magrittiano che svela il meccanismo e il rapporto tra verità e realtà. Il punto, ben ribadito dall'artista, è che il ruolo dell’autore è fondamentale e la foto non è una mera riproduzione del reale, ma risposta creativa ad un’idea, un progetto. “Non ho mai scattato fotografie in maniera casuale -spiega e ribadisce lui con forza- così, perché c’era una situazione fotografica. Ho scatato foto sempre all’interno di un percorso, di un pensiero, di una necessità espressiva, Ho sempre lavorato su un’idea”. E così la foto è un mezzo, un linguaggio che può ragionare su se stesso, svelandone i meccanismi come ad esempio in Studio per un nudo (1967) in cui l'immagine viene completata dai suoi stessi provini, in una dimensione ‘metafotografica’.
La foto attaversa e reinterpeta temi classici dell'arte. Ad esempio la natura morta trova, con Jodice, una nuova lettura: è la metafora dell’aggressività e della violenza come evidenzia la sequenza di scatti che formano l’unico grande opera ricca di particolari violenti, che suscitano emozione. Accanto a questa foto, per chiarire il dialogo aperto, sono poste la Natura morta con testa di caprone di de Ribera e la Natura Morta di Giorgio Moranti. Questo accostamento è una novità dell'allestimento che viene proposta anche con l'arte antica.
In una dimensione estremamente suggestiva, la sezione dedicata alle immagini legate all'arte antica vive insieme a due opere effettivamente scattate: il compagno di Ulisse (opera con il volto ‘consumato’ e proveniente dal Museo dei Campi Flegrei) e Demetra (proveniente dal MANN) sono esposte nella versione originale e nella rilettura di Jodice. La foto di Demetra ha una profonda luce nell'occhio: la luce che si può cogliere osservando bene la statua che ha effettivamente all'interno dell'occhio un foro. La foto racconta dunque quello che l'artista vede, che è un taglio, una interpretazione, un dialogo con l'opera antica. In questa sezione è presente anche Piranesi che di fatto rappresenta un antesignano del fotografo, con le sue riproduzioni.
Queste opere hanno il senso di sguardi emozionali, riflessivi ed eterni. Guardare le città ritratte da Jodice vuol dire, ad esempio, guardare città senza tempo, di cui riesce a cogliere attimi senza che vengano contaminate dall’umano o da segni di presenza dell’umano. Potrebbero essere opere di epoche indefinite in cui conta da una parte la piena consapevolezza tecnica del mezzo fotografico, dall’altra l’idea che ispira di cui questa foto. Le città sono riconoscibili così come la percezione attraverso uno sguardo preciso, che le reinventa. Un viaggio nel viaggio, un'occasione di abbracciare e attraversare una visione del mondo, più che il mondo.
Il cuore della mostra, da cui deriva il nome, sono gli scatti di Attesa. Una sezione in cui ci si confronta con suggestioni di vario tipo, che a volte raggiunge un tono particolarmente surreale. In particolare una intera stanza, non a caso affiancata dal quadro di Magritte L'amour, il soggetto sono delle finestre che si aprono su muri, spazi chiusi (tra queste ne è stata fotografata anche una del Madre) o sono solo disegnate, creando un'emozione di curioso disagio, di aspettativa e delusione, ma nello stesso tempo speranza. “L’attesa è dentro di noi -racconta- Noi tutti aspettiamo, a volte non ce ne rendiamo conto e questa attesa a volte ci dà grande gioia, a volte sofferenza. Non è un tema di cui si trova una raffigurazione ma quello che sto tentando ancora di fare è trovare spazi, situazioni che sono lì ad aspettare. Dove qualcosa dovrà sicuramente succedere”.
Per avvicinare il pubblico alle opere di Jodice il Madre il 25, 26 e 27 (ore 11 e 17) propone sei percorsi di visita per analizzare e lasciarsi attraversare da queste immagini. Eventi gratuiti a partecipazione obbligatoria al numero 08119313016.